Io sto coi centurioni
Erano secoli che nel Colosseo non si battagliava, ma oggi gli antichi fasti sono stati rinverditi da una bella rissa tra pizzardoni e centurioni: i primi mandati da Alemanno a ristabilire il decoro dell’area archeologica, i secondi mandati da se stessi a ristabilire il diritto di mettere insieme il pranzo con la cena.
E’ molto probabile che chiunque, passando negli ultimi anni vicino ai Fori, abbia scosso la testa vedendo questi avanzi di borgata con elmi di plastica e cellulare in tasca inseguire i turisti per una foto trash che più trash non si può.
A ciascuno di noi, del resto, d’istinto farebbe piacere se qualcosa restasse intoccato dal moderno e dal postmoderno: se andiamo in Bhutan vogliamo vedere solo monasteri e monaci scalzi come mille anni fa e ci scoccia da pazzi incontrare un Pizza Hut tra le mura di Angkor Wat.
Siamo fatti così: viviamo nel presente, pieni di protesi elettroniche e di prodotti globalizzati, ma dal nostro presente vogliamo escludere qualcosa o qualcun altro, sacralizzandolo e museizzandolo. Perché tutto va troppo in fretta, a iniziare dal tempo e dai cambiamenti, e ci rassicura pensare o illuderci che qualcosa invece resti com’era, fuori dal turbine dell’impermanenza.
Questa è probabilmente la pancia a cui si rivolgono tanti amministratori locali quando si lanciano nelle loro ordinanze “per il decoro”, un modo per tenere la realtà pulsante fuori dalla porta, o provare ad arginarla almeno per un po’.
Curioso, però: hanno ridotto da mezzo secolo il Colosseo a una rotatoria per le automobili, l’hanno trasformato in location per i divi del pop, l’hanno ricoperto di teloni pubblicitari, ma adesso si spaventano se il presente assume la forma e i colori di una foto di Martin Parr.
Quindi non siano ridicoli, con le loro false ansie di cristallizzazione del passato: lascino che i centurioni e i bancarellari diano vita e presente a quel luogo, che ne facciano un incrocio di umanità vera e di piccoli commerci più o meno legali o furtivi.
Proprio come accadeva duemila anni fa, quando attorno al circo e alle sue corse si vendeva e ci si scambiava di tutto, dal cibo agli schiavi, dalle valute al sesso.
(di Alessandro Gilioli)
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